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martedì 5 giugno 2012

Nello specchio dei riflessi


...Negli ultimi vent'anni le parole sono state per me gli strumenti del mestiere. Nonostante questo, o forse proprio per questo, le parole non mi piacciono più di tanto. Mi ispirano diffidenza e mi irritano. Forse mi aspetto troppo da loro. Ma è anche possibile che sia vero il contrario, e cioè che attribuisco un potere eccessivo alle note, agli accordi, alle melodie e alle armonie. A volte, mentre sono immerso nella stesura di un romanzo e non riesco a dare senso a una scena, mi siedo al piano e mi metto a improvvisare, e il risultato, per quanto primitivo e imperfetto, mi sembra esprimere in modo più autentico le emozioni che cercavo di trasmettere. Non mi capita mai di trovarmi in una stanza dove c'è un pianoforte senza provare il desiderio di suonarlo. Per me la musica sarà sempre la porta che conduce a mondi immaginati e soprattutto all'universo dei ricordi. Se potesse trasportarci indietro nel tempo vorrei tornare alla stanza che dava sul giardino, nella casa dei miei genitori, per dire a quel ragazzino di otto anni di smetterla di guardare fuori dalla finestra e di tornare a esercitarsi al piano.


Tratto da "Questa notte mi ha aperto gli occhi", di Jonathan Coe

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